da: "Il Profeta del Vento" di Stefano Biavaschi - Edizioni S. Paolo

I Figli non voi li crescete,
ma essi crescono voi.
Sono essi i vostri educatori,
perché attendono che voi siate nel bene prima di imitarvi.

E quando dite: Daremo la vita a un figlio,
sapete quale vita state dando?
Non la loro, ma la vostra

E quando dite: I nostri Figli ci tolgono un mucchio di tempo,
domandatevi se tutto quel tempo che vi viene tolto
sarebbe impiegato meglio.

Nella loro infanzia ascoltate i vostri Figli,
perché sui loro visi è ancora impigliato
qualche frammento del sorriso
con cui li hanno rivestiti gli angeli.

Nel tenerli per mano, non date loro fretta,
ma camminate al loro passo,
perché vogliono guarirvi dal vostro correre.

Non fate ad essi doni, ma donate voi stessi.
I doni sono il vostro alibi per non regalare voi a loro.

Consegnatevi nelle loro mani,
perché hanno quella saggezza che voi perdeste.

Chiamateli per nome,
ed essi chiameranno il bimbo in voi,
quello che da soli non riuscivate a rianimare,
e lo faranno giocare nel giardino della Vita.

E nella loro adolescenza ascoltate i vostri Figli.
Gran parte del muro che in quei giorni spesso vi oppongono
non l’hanno costruito coi loro mattoni ma coi vostri.

Non chiedete ad essi cose che già voi non fate.
Se siete saggi, vi basterà essere voi stessi.

Voi siete i seminatori dei loro campi,
non i raccoglitori delle loro messi.

E la vostra missione consiste nel donare sempre,
anche quando la lama della loro libertà vi taglierà le mani.



da: "Dossier Catechista - Edizioni Elledici

Accompagnare a Catechismo


Seguire una persona, andare con essa come compagno, per affetto, onore o protezione (vocabolario Treccani).
Accompagnare è anche suonare – o cantare – come sostegno al canto o al suono altrui. Non c’è dubbio: accompagnare è il verbo dei genitori. Ed è proprio una bella parola.
Certo, per accompagnare i figli ad un’attività sportiva o a musica bisognerà fare i salti mortali: andare a prenderli all’uscita di scuola (magari con l’aiuto dei nonni), portarli agli allenamenti e alle prove, ai concerti e alle partite, occuparsi dell’iscrizione, star dietro ai pagamenti e magari dover pure partecipare a qualche riunione... Ma ne vale ben la pena (e in più, è bello!). Quello che affrontiamo, iscrivendoli a catechismo, non è una questione religiosa. È un problema educativo. Viene prima e vale per tutto: dal catechismo allo sport, alla scuola. Se non lo facciamo noi il tifo ai nostri ragazzi, infatti, chi potrà farglielo? Ecco perché, come genitori, dobbiamo lasciarci coinvolgere: per essere i primi, insostituibili supporter dell’esperienza dei propri figli. Iscrivendoli, insomma, ci prendiamo un bell’impegno. Portarli, per cominciare. Fedeltà e puntualità a questo appuntamento, infatti, sono già un bel segno di onestà e di serietà: vuol dire che ci teniamo. I bambini, però, hanno bisogno di essere accompagnati, non solo portati. Hanno bisogno di vedere, di toccare con mano, che papà e mamma apprezzano quello che si fa a catechismo, che lo valorizzano parlandone a casa, che - in qualche modo - ci credono anche loro; o quanto meno mostrano rispetto (non è che dobbiamo diventare dei mistici infervorati!). Se non c’è almeno questo, meglio lasciar perdere: per il bene dei ragazzi. Se i bambini non respirano un po’ di “aria cristiana” in casa, infatti, è difficile che per loro venire al catechismo sia bello e significativo. E non è certo quello che vogliamo. Settimanali o mensili che siano, gli incontri di catechismo sono, appunto, incontri (e non lezioni!) fatti di giochi, racconti, attività, canti... E tutto quello che vi accade, in un certo senso, non è che una “scusa”: creare occasioni per far conoscere Gesù e per incontrarlo nella preghiera. Non è cosa così liscia, però! A volte, quando crolla la barriera dell’indifferenza, quando il catechismo parla alla vita dei ragazzi/e, spuntano domande, dubbi, speranze e incertezze che cercano appoggi, più che mai a casa. Per noi, infine, conta che il catechismo sia un tempo bello, piacevole; che lasci un buon ricordo. Non lo diciamo per autocompiacimento. Piuttosto, perché è esattamente attraverso questo “clima” che si fa esperienza di comunità, ed è attraverso la comunità che si incontra il Signore.

CONFRONTIAMOCI

  • Che cosa ci sentiamo di fare per accompagnare i nostri figli a catechismo (oltre che portarli)? Per dirla diversamente: ci teniamo al fatto che andare a catechismo per loro sia bello e significativo? Quanto?
  • Quale ascolto prestiamo alle loro domande? Facciamo di tutto per confinarle tra le mura delle aulette parrocchiali, o accettiamo volentieri che arrivino anche a casa, alle nostre orecchie?
  • Siamo pronti a mettere in discussione le nostre risposte?
    Potrebbe interessarci attrezzarci per cercarne insieme di nuove e più adatte, più soddisfacenti?
  • Proviamo a individuare qualche gesto da compiere in casa per far respirare un po’ di “aria cristiana” in famiglia
    (una preghierina detta insieme La sera, il segno della croce prima del pasto,
    La messa della domenica partecipata di famiglia, un gesto concreto di solidarietà...). Ce n’è uno alla nostra portata?
  • Come vediamo, infine, la collaborazione tra genitori e catechisti?
    Come la vorremmo, cosa ci aspettiamo gli uni dagli altri?