Le due Chiese

Nel 1570 durante la visita pastorale del conte e abate di Moggio, Bartolomeo di Porcia, la chiesa principale era ancora quella di San Michele, mentre nel 1593 durante la visita di Francesco Barbaro viene ricordata una nuova chiesa nel centro del paese, dedicata a San Rocco protettore contro la peste, malattia che in quegli anni era ricorrente in queste terre. Con Lui viene ricordato S. Sebastiano.

Vi è un affresco di fattura cinquecentesca sulla casa Portelli, opera di un buon artista, raffigurante Rocco e Sebastiano con la Madonna e il Bambin Gesù, che dimostra una viva devozione dei villessini a questi Santi.
Vi era a quel tempo, la necessità di avere vicino alle case una nuova chiesa, anche perchè il fiume Isonzo ed il torrente Torre, essendo privi di argini, esondavano frequentemente dai loro alvei, isolando così la popolazione dalla chiesetta del cimitero situata in una località più bassa rispetto al paese.
Di tale costruzione in centro sappiamo molto poco, in quanto vi sono scarse documentazioni al riguardo, solo alcune notizie derivanti dalle visite periodiche fatte dai vari visitatori Apostolici.

Questa chiesa era costruita a ridosso del palazzo “Coronini” (al posto dell’attuale bar “ACLI”), semplice non molto grande; divisa da uno spazio di pochi centimetri dal palazzo stesso; durante le piogge l’acqua stagnava bagnando i muri, creando all’interno un’aria malsana, che cagionava di sovente degli svenimenti, e dei malori specialmente nella stagione estiva. Non c’erano finestre da quella parte, ma solo due piccole verso il cortile della canonica ed ai lati dell’entrata principale.
Sopra l’entrata si trovava un campanile a vela con due campane.

L’altare maggiore era dedicato a San Rocco, con un tabernacolo che custodiva il Santissimo Sacramento.
C’era il battistero a cui mancava il coperchio, ciò venne fatto notare durante una visita pastorale.
In questa chiesetta seppur piccola chiesero di esser sepolte diverse persone benestanti tra cui: la famiglia Vermatti nel 1658 che fece costruire un monumento funebre, così nel 1691 il nobile Lorenzo Spangher, i pievani di San Pietro, zio e nipote Domenico (m. 1652) e Giovan Maria Cevotto.
Quest’ultimo nel suo testamento del 25 marzo 1702 il Giovan Maria Cevotto scrive:
“ Spirata l’anima mia, ordino, che il mio cadavere vestito in abito sacerdotale sij deposto nella sepoltura del qm Domenico Cevotto predecessore pievano e zio, nella Veneranda chiesa di S. Rocco di questo loco, presso la pietra dell’acqua Santa, acciò nell’entrar di questo popolo s’arricordi di pregar per me lor Pastore che fin qui gli son stato per anni 50 ....”.
Morirà pochi giorni dopo, nell’aprile 1702.
Questo parroco nel 1652 fece prolungare la chiesa dagli altari laterali in sù; poi costruì a sue spese il muro tra il cortile parrocchiale ed i conti Coronini e restaurò la canonica.
Nell’anno 1678 fu rubata in questa chiesa, la pisside del Santissimo, e il pievano provvide all’acquisto di una nuova, con l’esborso di suoi 30 Ducati.
Un nuovo portone della chiesetta costruito durante il Giubileo del 1675 come riporta la scritta stessa, fu scardinato il 29 agosto 1679 da una grande tromba d’aria, che tra l’altro fece anche vittime nei paesi vicini di Crauglio e S. Vito al Torre.

La parte superiore delle pietre del portale della chiesa, oggi recuperate, sono esposte e visibili sul fianco destro del campanile.
Nel 1687 l’edificio venne abbellito con l’acquisto di un grande quadro raffigurante San Rocco che costò alla popolazione ben duecentosettantadue ducati.
Nella seconda metà del 1700, Villesse pur appartenendo territorialmente all’impero asburgico, si poneva sotto l’amministrazione ecclesiastica della parrocchia di San Pier oltre l’Isonzo, situato entro i confini veneti. Parroco di questa comunità, tra il 1757 ed il 1784, fu il conte udinese Antonino degli Antonini: egli tentò di accappararsi le simpatie dei villessini, volendo abitare sia a San Pier che a Villesse, ma con scarsi risultati.
Infatti in questo periodo la popolazione di Villesse espresse il desiderio di voler costruire una nuova Chiesa dedicata a San Rocco, poichè quella esistente, situata sulla piazza non era adatta a contenere le 800 e più persone che andavano a formare la nostra comunità.
Ma la richiesta inoltrata al parroco non si concretizzò, in quanto secondo Lui, la rendita ecclesiale era insufficiente a coprire le spese di un nuovo edificio, ed egli non volle farsi carico personalmente di quest’onere.
La decisione procurò all’Antonini le antipatie dei villessini a tal punto che il sacerdote decise di abbandonare per sempre l’abitazione del paese, affidando i compiti parrocchiali ad un vicario.
Malgrado tutto il conte Antonino Antonini non si dimenticò dei suoi parrocchiani istituendo un “Fondo per i poveri”, lasciando delle rendite di terreni e una casetta, per 2/3 ai poveri di Villesse e 1/3 ai poveri della filiale di Sagrado.
Negli anni seguenti continuarono le discussioni sulla possibilità di un ampliamento della chiesa.
Da un documento del 1783 sappiamo che il vicario di allora, don Gio:Batta Gerin, aveva convocato il cameraro Bernardino Pitturitti ed il podestà Antonio Tomasin per esaminare la possibilità di un intervento sulla chiesetta, ormai insufficiente e malsana, causa le infiltrazioni d’acqua.
Inoltre il campanile era ormai decisamente pericolante e pericoloso per i fedeli che entravano ed uscivano dalla chiesa, anche perchè si trovava proprio sopra la porta d’ingresso.
Se il conte Pompeo Coronini fosse stato disponibile, per favorire l’ampliamento della chiesa ad usufruire del muro laterale della sua casa, il popolo gli avrebbe permesso di aprire una tribuna da una sua camera, dalla quale avrebbe potuto assistere alle funzioni religiose. Il conte, però non volle tali lavori, rifiutando di venire incontro ai bisogni della comunità.
Dobbiamo anche ricordare che nel marzo 1797 ci fu una prima invasione francese, che con fasi alterne durò fino al 1814; ci piace ricordare che sulla piazza principale sostò il generale Napoleone Bonaparte. Infatti, nel libro dei battezzati il vicario Gio:Battista Gregoratti scrisse: “il 19 marzo 1797” giorno memorabile e di gran confusione a tutto il Friuli per l’inaspettata invasione che le truppe francesi fecero il suddetto giorno, condotti dal famoso generale Bonaparte, il quale giorno “era la terza Domenica di Quaresima” – “per Villesse passò pure il Bonaparte, e chiedendo un sacerdote di qui ad alcuni soldati, quale fra i tre generali, che qui si trovavano, fosse il Bonaparte, questi udendo le parole del sacerdote vecchio, si fece avanti, e disse: “Abbate il Bonaparte son io!”.
Malgrado l’urgenza per il campanile pericolante e le necessità della chiesa, tutto restò fermo fino al 18 agosto 1806, quando finalmente don Girolamo Vecchi ebbe l’autorizzazione di far demolire il piccolo campanile, che minacciava ormai di rovinare in terra da un momento all’altro.

Dopo aver contattato l’impresario Michele Torossi, capo mastro muratore, ed aver ricevuto il preventivo di spesa per tale costruzione, ammontante a 4.960 fiorini, in una seguente assemblea tenutasi il 16 settembre 1806, venne deciso che il campanile non sarebbe stato costruito nel cortile della canonica, come proposto dal vicario in un primo momento, ma sulla piazza al centro del paese, grazie al conte Coronini che offrì gratuitamente il terreno occorrente.

Così si iniziarono i lavori con l’organizzazione del trasporto di sabbia cavata dall’Isonzo, calce e pietra dalla cava di Medea, lavori che spettavano ai coloni, in base al numero di animali e carri che possedevano, mentre i proprietari terrieri versavano le loro quote in denaro.
L’impresa non fu semplice, anche perchè ci furono anni di carestia sia per gli uomini che per gli animali, la più grande fu quella del 1817, che si trascinò per più anni: il campanile venne ultimato solo tra il 1845 e il 1846, dopo 39 anni circa.

Nel 1826 durante la vicinia del 17 aprile dove si riunivano tutti i capifamiglia, si decise che un ingegnere valutasse la necessità della costruzione di un nuovo edificio o il restauro di quello esistente.
Venne incaricato l’ing. Clementic e questi diede il suo parere favorevole all’erezione di una nuova chiesa, posta accanto al campanile (il progetto venne approvato nella vicinia del 13 aprile 1827).
Il fondo predestinato alla nuova costruzione apparteneva a Giuseppe Del Neri; a questi il Comune propose la permuta con un terreno nelle “campagnis” verso Gradisca.
Il venditore pretese una stima dei siti da parte di due geometri: uno nominato dal Comune, l’altro nominato da lui stesso, ma non si raggiunse alcun accordo.
Il Del Neri decise, allora di porre in vendita la proprietà per 608 fiorini, ma per il momento nè la Chiesa ne il Comune disponevano della quantità di denaro richiesta.
Le dispute si trascinarono per alcuni anni fino quando il Comune riuscì a procurarsi la somma designata: in cambio si fece cedere la vecchia chiesa che divenuta inagibile, sarebbe poi stata abbattuta ed al suo posto costruita l’abitazione per il cappellano, poichè era obbligo del Comune provvedere al suo mantenimento.
Frattanto la maggior parte dei proprietari terrieri, che avevano aderito al progetto, incaricandosi di sostenere le spese, si ritirarono e sollecitarono attraverso ricatti, i loro coloni (rabottanti) a fare altrettanto, motivando la loro decisione con il costo troppo esoso del progetto.
Il possidente Andrea de Bresciani, nella vicinia del 17 ottobre 1827, ricordò che se si fosse avviata la costruzione di una chiesa troppo imponente, i lavori non sarebbero mai giunti a termine. Portò a sostegno della sua tesi, l’esempio della sorte del campanile “escogitato da alcuni pochi sciocchissimi villici per rivalizzare con la vicina Villa di Romans, mai potuto compirsi per mancanza assoluta di mezzi”.
Così il primo progetto dell’ing. Clementic, che prevedeva un edificio vasto e ricco di decorazioni con un preventivo di 32.000 fiorini fu bocciato dall’assemblea in quanto “troppo oneroso” e fu proposto un altro, semplificato, per un costo di 22.000 fiorini.
Ma in seguito, a lavori ultimati, siccome l’estrema semplicità dell’edificio non soddisfava la popolazione, si decise di apportare varie modifiche, a tal punto che la spesa ad opera terminata fu di 36.000 fiorini.

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Maggior parte delle notizie sono tratte dal libro “VILES UOMINI E TEMPI” di Stefano Perini 1984 -
Comune di Villesse – Grafhy - Mariano del Friuli.



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